Notule
(A
cura di LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE - Anno XVIII – 20 febbraio 2021.
Testi pubblicati sul sito
www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: BREVI
INFORMAZIONI]
Nella depressione da stress sociale cronico si riduce
HDAC7 nel nucleo accumbens. In modelli sperimentali murini di depressione indotta da stress
cronico per sconfitta sociale, i comportamenti simili a quelli ansioso e
depressivo umani erano associati al rilievo, nei neuroni del nucleo
accumbens, di una significativa riduzione dell’istone deacetilasi
di classe II HDAC7, rispetto a HDAC2, indicando questa molecola come un
potenziale bersaglio terapeutico. [Cfr. Weijun Qian et al. Front Psychiatry –
AOP doi: 10.3389/fpsyt.2020.586904.eCollection, 2021].
Provata erronea da 81 ricercatori la distinzione degli
astrociti in “buoni e cattivi”. Si è affermata e diffusa la
distinzione degli astrociti reattivi in una dicotomia che contrappone i neurotossici
ai neuroprotettivi, gli A1 agli A2, ma Carol Escartin
e altri ottanta colleghi richiamano l’attenzione sui risultati sperimentali che
dimostrano la fallacia di tale criterio e la necessità di farsi carico di una
complessità che richiede ancora un enorme lavoro di indagine e analisi. La
ricerca sugli astrociti reattivi non depone a favore dell’esistenza di
categorie funzionali fisse e, nel caso in cui esistano, non disponiamo ancora
di mezzi certi per la loro identificazione.
La sperimentazione ci propone la valutazione di numerosi parametri
molecolari e funzionali con statistiche multivariate e determinazione dell’impatto
su contrassegni patologici in modelli sperimentali di malattia. Seguendo
queste nozioni come linee-guida, si potrà giungere alla scoperta di biomarker
basati sull’astroglia e terapie dirette su queste cellule che eliminino le
azioni dannose causate dagli astrociti reattivi, potenzino le loro
azioni neuroprotettive e glioprotettive, accrescendone
o ristabilendone le funzioni omeostatiche, modulatorie
e difensive. [Escartin C., et al. Nature
Neuroscience AOP – doi: 10.1038/s41593-020-00783-4, 2021].
Lo studio del giro dentato nella depressione potrebbe
cambiare l’approccio terapeutico. La
ricerca di base più recente ha rivelato tipi cellulari, circuiti neuronici e
cambiamenti molecolari e funzionali nel giro dentato associati alla fisiopatologia
depressiva. Metodi quali il gene targeting, la manipolazione dell’attività
cellulare optogenetica e chemogenetica, lo sviluppo di nuove tecnologie di
sequenziamento dell’RNA e le nuove tecniche di studio MRI nei casi clinici
hanno notevolmente facilitato l’acquisizione di dati e nozioni sui processi che
hanno luogo nel giro dentato in condizioni depressive. L’uso di queste
conoscenze, ancora in massima parte ignorate dalla ricerca clinica, potrebbe consentire
nuove è più efficaci strategie terapeutiche. [Gali
Umschweif, Paul Greengard, Yotam
Sagi, European Journal of Neuroscience 53 (1): 39-64,
2021].
Una classificazione a stadi dell’invecchiamento patologico
dell’orologio biologico. Il nucleo soprachiasmatico
dell’ipotalamo (SCN) è il regolatore degli oscillatori circadiani
periferici e, pertanto, è tradizionalmente definito l’Orologio Principale dell’organismo
o Master Clock, dal quale dipende la durata e la periodicità di tutte le
funzioni biologiche, sulla base del segmento di circa 24 h o circadiano.
Con l’invecchiamento il complesso apparato, definito all’interno del SNC dall’organizzazione
funzionale dei suoi neuroni e dai meccanismi molecolari alla base della
scansione, va incontro ad alterazioni che causano inefficienza del controllo e può
determinare la sindrome detta CIRCLONSA (da Circadian
Clock Neuronal Senile Atrophy).
Victor Björk ha proposto una classificazione delle
alterazioni per facilitare la ricerca volta alla definizione degli elementi
cruciali dell’invecchiamento e individuare possibili terapie. [Victor Björk, Rejuvenation Research – AOP doi: 10.1089/rej.2020.2388, 2021].
Modificati tratti di personalità con l’aiuto di un programma
digitale: cosa si è realmente cambiato? Mirjam Stieger e colleghi, con l’aiuto di un
programma digitale in uno studio randomizzato e controllato di grande scala con
1.523 partecipanti, hanno determinato dei cambiamenti in indici identificati
con tratti di personalità nella cultura psicologica corrente. Il
cambiamento, come comprovano i dati elaborati sulla base dei criteri correntemente
impiegati per descrivere e definire le personalità in condizioni fisiologiche,
è reale, senza ombra di dubbio, ma l’opinione neuroscientifica al riguardo è
molto critica.
La questione è complessa e delicata, sicché non si presta ad essere affrontata
in una “notula” come questa; tuttavia, la si può qui schematizzare in una estrema
sintesi concettuale. Le teorie della personalità appartengono al “livello
secondo” di teorizzazione, ossia un livello che non ha per base di partenza la
conoscenza empirica di ciascuno come le teorie della memoria, che costituiscono
un “livello primo” di concettualizzazione-teorizzazione, ma si basa su un
impianto teorico costituito dalle teorie della mente. L’insufficienza, le
contraddizioni e i limiti delle teorie della personalità sono stati evidenziati
dall’ultimo mezzo secolo di osservazioni e ricerche condotte nel campo della
psicopatologia e, più in generale, della psichiatria. Ad esempio, la tesi
secondo cui un tipo di personalità, definito in base alla descrizione fenomenica
mentale e comportamentale, costituisse una forma reale della mente e che quello
stile funzionale imponesse nello scompenso il tipo di patologia costituito dall’esasperazione
patologica dei tratti della personalità normale, è stato smentito da migliaia
di evidenze cliniche pubblicate negli ultimi decenni.
Il problema è la debolezza e l’incoerenza (inconsistency)
della nozione di personalità con il quadro implicitamente assunto dai test
psicologici, che include senza distinguere le propensioni comportamentali del
momento dai tratti strutturali di fondo.
In conclusione, i cambiamenti rilevati non riguardano la personalità: attengono
piuttosto ad atteggiamenti mentali e comportamenti normalmente soggetti a
variare ed evolversi nel corso della vita. [Cfr. Stieger
M., et al. PNAS USA 118 (8): e2017548118, 23 Feb., 2021].
Le donne nella neurochirurgia europea: caratteri storici e
leggende viventi. Un gruppo di collaborazione
internazionale costituito da 23 donne ha studiato, prevalentemente da un punto di
vista di storia della medicina, ma con attenzione alla storia del costume sociale,
il ruolo che hanno avuto le donne nella neurochirurgia in Europa dal 1920 al
2020. In un saggio pubblicato sul Journal of Clinical
Neuroscience, Gail Rosseau,
Mary Murphy e colleghe hanno onorato le donne straordinarie che hanno
contribuito allo sviluppo della neurochirurgia europea, sia come interpreti
storiche del ruolo sia come leggende viventi nella storia della medicina.
Alcune di loro vivevano da rifugiate, altre sono state missionarie impegnate in
imprese umanitarie o in attività politiche volte al miglioramento della
società. Molte di loro, per poter esercitare la professione, hanno dovuto
combattere il pregiudizio e mostrare il proprio valore in ambienti spesso scettici.
[Cfr.
Murphy M., et al. Journal of Clinical
Neuroscience – AOP doi: 10.1016/j.jocn.20121.01.024, 2021].
Il problema delle vaccinazioni anti-SARS-CoV-2 in Italia. All’inizio del mese di febbraio la presidente dell’International Society
of Neuroscience BM&L-International, Linda Faye Lehman, ha ricevuto la
seconda dose di vaccino, completando l’immunizzazione anti-SARS-CoV-2 come la maggior parte dei
cittadini della sua città e, in generale, degli USA. Il suo stupore, il suo
dispiacere e la sua preoccupazione quando il nostro presidente le ha comunicato
i problemi conseguenti alla mancata fornitura delle dosi di vaccino promesse
all’Italia, rendono nel modo migliore quanto sia stato oggettivamente grave in
queste condizioni arrestare la campagna di vaccinazioni poco dopo l’inizio.
In attesa di soluzioni, si procede a rilento perché non passi troppo
tempo fra queste prime dosi somministrate, provenienti dalle piccole scorte di
cui si dispone, e le seconde dosi che si teme possano arrivare fra alcuni mesi.
Per inciso si ricorda che entro la scorsa settimana, secondo i dati ufficiali
del ministero, è stato vaccinato solo l’1,87% della popolazione e 1.425.179
persone ha ricevuto la prima dose. La lotta contro il tempo richiesta dai
ricercatori alle case farmaceutiche per produrre i vaccini era proprio intesa a
ridurre immediatamente la quantità di virus vivi nella popolazione, abbassando
drasticamente la probabilità di sviluppare varianti più letali, come quella inglese,
che si sta diffondendo vertiginosamente nella popolazione del nostro paese.
Costretti per la ridottissima disponibilità a selezionare rigidamente le
priorità (e, purtroppo, a lasciarle sulla carta per mancanza di dosi) si ripete
spesso che, dopo medici e personale sanitario, bisogna vaccinare gli anziani, e
di fatto in alcune regioni così si sta lentamente procedendo, ma si dimentica
che lo stesso grado di priorità – se non maggiore quando si aggiunge l’età
avanzata – bisogna attribuirlo ai pazienti immunodepressi. In molti casi di
terapia antineoplastica cronica si determina una condizione di “senescenza
immunitaria” che rende questi pazienti estremamente vulnerabili all’infezione e
alle complicanze fatali di SARS-CoV-2.
Nella realizzazione farmaceutica del vaccino a mRNA è stato in gran parte
superato il problema della produzione su vasta scala di materiali fino ad oggi impiegati
esclusivamente da laboratori di ricerca; la produzione di centinaia di milioni
di dosi è stata affrontata in alcuni casi creando addirittura nuovi stabilimenti
farmaceutici. Il problema è che la Pfizer e le altre case farmaceutiche con le
quali i rappresentanti del nostro paese avevano preso accordi, non si sono
sentite vincolate e continuano a dare la precedenza ad altri stati nazionali. Nel
frattempo, non si è riusciti né a ottenere, col debito pagamento delle royalties,
la possibilità di produrre il vaccino presso gli stabilimenti farmaceutici
italiani, né a stipulare contratti di fornitura con le quantità effettivamente
richieste e in tempi brevi.
Intanto, giovedì scorso sono giunte 1.700.000 dosi di vaccino della
AstraZeneca, un vaccino elaborato a Oxford che, a differenza di quelli Pfizer e
Moderna che sono a mRNA, si basa su vettore virale non replicante.
Si spera che il governo che si è appena insediato affronti in maniera
pragmatica e determinata il problema, perché in Italia, dove per COVID-19 si è
avuto il 50% di morti in più degli stati con i quali siamo in costante contatto
comunicativo, ulteriori ritardi nella copertura vaccinale vogliono dire uno
straziante costo in vite umane, moralmente inaccettabile e indegno di una
nazione civile in cui la vita dovrebbe essere tutelata prima di ogni altro
interesse.
Avremmo avuto meno di un quarto dei morti per infezione da SARS-CoV-2
in Italia. La circolazione interumana del
virus, la diffusione delle nuove varianti e lo sviluppo stesso di varianti sarebbero
state ridotte al minimo applicando misure preventive. Si sarebbe dovuti
arrivare con chiusure tempestive, seguite da riaperture all’azzeramento dei
contagi e non con i contagi in crescita, fino alle vaccinazioni di massa.
È possibile: in Cina città di 11-12 milioni di persone sono arrivate a
zero contagi e, dopo la riapertura, ne contano qualche decina.
Per rendersi conto della follia che dura dall’estate dello scorso anno,
basta confrontare i dati del periodo aprile-maggio quando si era ancora in lockdown con quelli attuali, quando abbiamo il
problema di varianti, come quella inglese, con un indice di mortalità molto più
alto.
Se si fossero seguite le indicazioni di buon senso che abbiamo fornito
man mano nel corso della pandemia, e che potete ritrovare su questo sito nelle “Note
e Notizie” (e nella sezione “In Corso” i testi da febbraio a maggio 2020) con lockdown tempestivi, isolamento ospedaliero
controllato dei positivi, tracciamento dei contatti ed esecuzione dei tamponi
entro le ventiquattro ore (sarebbe stato sempre possibile perché i numeri
sarebbero rimasti sempre molto bassi), obbligo delle mascherine a filtraggio
virale (N95), aerazione e sanificazione dei supermercati e altri locali di
vendita rimasti aperti al pubblico, riapertura delle aree “rosse” dopo l’azzeramento
dei contagi, test sierologici seguiti da tampone in caso di positività a tutti
gli studenti e a tutto il personale scolastico prima della riapertura
delle scuole (invece dell’idiozia dei “banchi a rotelle”), chiusura delle
frontiere e certificato di negatività al test molecolare per SARS-CoV-2 per l’accesso
o, dal mese di gennaio, certificato di vaccinazione, eccetera, le proiezioni
indicano i positivi in uno spettro tra zero e un quarto di quelli attuali. Con
le mezze misure non si è ottenuto nulla, tranne che il consenso degli
irresponsabili: i “ristori” si dovranno fare ugualmente e, in ogni caso, i
governanti avrebbero dovuto trovare il modo di risarcire e sostenere i
cittadini con misure straordinarie, come quelle che si appresta ad adottare il
governo Draghi.
Il problema delle varianti (inglese, scozzese, brasiliana, ecc.) è
sicuramente un problema di durata della pandemia, ma anche un problema di importazione
di varianti già sviluppate. Certo che, se consideriamo l’attività dei nostri
governi nel tempo, prescindendo dalla connotazione politico-partitica, dobbiamo
dire che siamo stati capaci per un periodo di chiudere le frontiere a tutti,
anche ai perseguitati, lasciando al largo una nave di migranti come fossero
appestati, e poi quando si doveva sorvegliare sull’accesso di quelli che erano
per davvero infetti, non si è previsto nulla.
Notule
BM&L-20 febbraio 2021
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